Le Immagini che Cerco in Strada
Quello che vediamo dipende
da quello che stiamo cercando
Uscire di casa con la macchina fotografica sperando di imbattersi in qualche situazione che meriti di essere fotografata è il modo più sicuro per collezionare delusioni. Bisogna invece avere un piccolo progetto, ad esempio: «cercare tutti quelli che mangiano con il cappello in testa» oppure «fotografare tutti quelli che leggono il giornale». Personalmente cerco principalmente tre tipi di situazioni: 1) quelle che io chiamo con un termine volutamente riduttivo «Scenette»; 2) le situazioni palesemente ironiche 3) le immagini che si prestano ad un equivoco, che sembrano cioè una cosa ma leggendo attentamente la fotografia ci si accorge che sono una cosa diversa da quella che ci era sembrata a prima vista.
Inoltre, quando fotografo per la strada, tengo in considerazione due aspetti fondamentali: la piccola storia che voglio raccontare ma anche la forma di questo racconto e laddove la situazione me lo consente cerco di fondere una cosa con l’altra inserendo l’episodio in un contesto esteticamente gradevole.
Nella maggior parte dei casi preferisco esprimermi in bianco e nero: è una scelta prima di tutto culturale, perché a suo tempo ho visto “Blow-up” di Antonioni; ho vissuto il Sessantotto con la messe enorme di immagini foto-giornalistiche in bianco e nero della rivoluzione giovanile in Francia e in Italia e quelle fotografie erano tutte prevalentemente in bianco e nero quindi le origini della mia scelta si collocano storicamente in questo contesto. Ma è anche un condizionamento epocale perché -come tutti i ragazzi della mia generazione- anch’io sono nato con la macchina fotografica in mano e a quel tempo il materiale in bianco e nero era più facile da sviluppare e stampare del colore.
Nella fotografia di strada, però, il bianco e nero ha anche un oggettivo vantaggio rispetto al colore: permette l’astrazione cioè estrae dall’immagine solo ciò che tu hai veramente visto senza distrarre con dettagli superflui.
Scenette
Nei casi che preferisco la scena si compone di situazioni multiple leggibili singolarmente scomponendo la fotografia. Questa è una delle immagini che ho scattato nel 1969 ai protagonisti di uno spontaneo mercato dei poveri che si teneva ogni domenica mattina.
La scena che descrive un gruppo di questi improvvisati commercianti di abiti usati insieme ai loro clienti in un clima nebbioso è, in realtà, la composizione di tre diverse fotografie che potrebbero benissimo vivere indipendentemente l’una dall’altra: 1) la situazione centrale ci mostra il venditore che sta ancora magnificando la merce con palese compiacimento mentre l’acquirente –già convinto- sta mettendo mano al portafogli. 2) Alla loro destra due persone chiacchierano in un’atmosfera quasi rurale con quegli abiti e quella bicicletta da donna, mentre 3) all’estrema sinistra dell’inquadratura c’è un personaggio seduto su una panchina con una cartella tra le gambe, completamente immerso nei suoi pensieri, lo sguardo lontano e del tutto disinteressato a ciò che sta avvenendo a pochi passi da lui.
Dello stesso tipo è questa fotografia che ho scattato –sempre nel 1969- al Castello Sforzesco.
La famigliola –probabilmente venuta in gita a Milano dalla provincia- vive un momento molto importante: il loro bambino sta per essere ritratto da un fotografo ambulante e la fotografia rimarrà per sempre nell’album di famiglia a imperituro ricordo dell’avventuroso episodio.
Alle spalle del fotografo –che sta facendo del suo meglio per attirare l’attenzione del soggetto- si vedono i due genitori tesi e attentissimi a non perdere un’istante di ciò che sta accadendo.
Dietro di loro –più rilassata e sorridente- c’è una coppia palesemente meno coinvolta nella faccenda: forse gli zii o degli amici di famiglia.
Il bambino –pettinato con «la banana»- è l’unico dei 6 protagonisti della scenetta del tutto indifferente a ciò che sta succedendo anzi, piuttosto scocciato, snobba gli sforzi del fotografo e l’apprensione dei genitori girando sdegnosamente la testa dall’altra parte!
Questa fotografia testimonia della pazienza che il fotografo di strada deve avere quando intuisce che qualcosa accadrà. Attenzione, concentrazione e colpo d’occhio sono indispensabili per bloccare sulla pellicola (o sul sensore!) quello che in greco si chiama «kairòs»: il momento opportuno, il momento favorevole.
Ironiche
Il secondo tipo di situazioni che attirano la mia attenzione è quello caratterizzato da una palese ironia: l’inserviente che mentre spolvera la statua ne assume, inconsapevolmente, il medesimo atteggiamento.
Il novello sposo che osserva immobile sua moglie scivolata in mare che ne sta uscendo con l’abito nuziale fradicio.
L’atteggiamento altero della portinaia di un palazzo monumentale in gara con la composta bellezza della statua neoclassica.
Più complessa è invece la situazione ripresa a Chieti nel 2008 davanti alla chiesa di San Giustino dove un impettito notabile locale si fa fotografare tutto tronfio e sicuro di sé mentre la persona che sta più modestamente dietro di lui (il suo portaborse?) si guarda attorno cercando di capire cosa ci sia mai di così importante da fotografare… forse la statua del Santo!
Equivoci
Il terzo genere di immagini al quale dò la caccia, quello che mi affascina di più per la sua ambiguità, è la situazione che “sembra una cosa ma è un’altra”.
Così il grande cespuglio di fiori bianchi ripreso in un giardino pubblico nel 2006, a guardarlo bene rivela…
…la presenza di un fiore che è tutt’altro: è la testa canuta di un uomo seduto sul prato che guarda chissà cosa con un binocolo.
Il passante ripreso di spalle sembrerebbe uno dei meridionali immigrati a Milano che Uliano Lucas fotografò davanti al grattacielo Pirelli nel 1968… se sullo sfondo non si vedessero automobili del 2009!
L’operaio che sta appendendo il manifesto che pubblicizza una fiera dell’erotismo sembra essersi maliziosamente infilato fra le gambe della pornomodella ma ci si accorge di lui solo dopo qualche istante che si sta guardando la foto.
Più articolata, invece è la foto del 2006 all’interno di Villa Reati a Lissone dove il restauro degli affreschi, ancora in corso, ci mostra -in alto a destra- la gamba superstite di un personaggio dipinto che sembra voler uscire a forza dal muro mentre –in basso a sinistra- un muratore che sta applicando un foglio di plastica al vano di una porta sembra anche lui parte integrante dell’affresco e sembra anche lui voler sfondare l’intonaco per liberarsi dalla prigionia del muro.